STORIA DEL DIRITTO D’AUTORE (parte 2)

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IL "COMPENSO" PER IL CREATIVO (parte 2)


(frettolosa e fantasiosa ministoria di tribolazioni, ingenuità, delusioni e brevi felicità)

Per ottenere un giusto compenso il creativo ha dovuto attendere molte centinai di anni fino alla costituzione delle Società degli Autori che ratificarono e disciplinarono tale diritto.

E’ una lunga storia di tribolazioni, ingenuità, delusioni e brevi felicita’ che coinvolse anche geni immortali.
GRECIA CAPTA FERUM VICTOREM COEPIT… EVVIVA MR. PIERRE AUGUSTINE CARON DE BEAUMARCHAIS.

Alla Grecia antica spetta un posto preminente nella storia del mondo. La civiltà europea nasce dalla civiltà greca e da questa ha ricevuto le forme essenziali del pensiero e della espressione. L'uomo greco ha saputo confrontarsi con il mondo seguendo progressivamente le tappe di una evoluzione che ha nell’epica, nella ricerca della sapienza, nella poesia lirica, nell'invenzione del teatro, nella storia, nella tecnica della persuasione i maggiori punti di forza. Cerco' le risposte alle domande più difficili : chi sono ? dove vado? quale e' il mio fine ? Che sarà di me dopo la morte ? rispondendo con una genialità ed un'intuizione che ci rendono ancora perplessi e stupiti. Basterebbe constatare che ben cinque secoli prima di Cristo un genio crea il concetto di "anima" per arrivare all'immortalità dello spirito. Un dono inestimabile, un pensiero che verrà utilizzato dallo stesso Cristianesimo.

Fra il secolo IX e VIII a.C. la creazione dell'alfabeto permise ad Omero ed ai rapsodi di giungere ai nostri tempi valendosi della scrittura, il più potente mezzo per l'espressione, la trasmissione e lo sviluppo di ogni cultura: l’unica via per uscire dalla preistoria ed inaugurare la produzione letteraria. Nell’Iliade e nell’Odissea troviamo la rappresentazione del mondo di ieri e di oggi, tutti i casi della vita, lieti e tristi, la guerra e la pace, l'odio e l'amore, con una particolare esaltazione dell'amicizia. La lirica nasce quando i versi di Omero non vengono più recitati ma cantati con l'accompagnamento di uno strumento a corde chiamato "lira". Tale primitivo strumento sarà una trappola nella quale cadono gli esibizionisti di allora, siano essi guerrieri, statisti o politici.

Abbiamo visto lo stesso Nerone cantare accompagnandosi con la lira esaltato dall'incendio di Roma. In un film storico, ovviamente. Il canto corale fu il fondamento della tragedia e della commedia. La tragedia specialmente si riferiva al lato eroico della vita, la commedia rappresentava il lato opposto, la realtà ordinaria, l'aspetto umile e borghese. L'invenzione del Teatro fu il vero banco di prova per i creativi dove la fantasia riesce a strappare le menti dalla normalità trasportandole nella sfera del trascendente, dove il grottesco e il favoloso, la satira e l'ironia si alternano suscitando grande interesse nel popolo. I politici (coloro che sovrintendevano alla polis – città capirono subito la grande virtù educatrice del teatro al punto da farne una istituzione nazionale al servizio dei fasti della patria e per migliorare il gusto del bello dei cittadini. Pericle (uno dei pochi nomi che citerò con lo scopo di fissare il periodo storico - 400 a.C.) fece approvare una legge per la quale si distribuivano i danari occorrenti per essere ammessi in teatro. I magistrati cercarono in ogni modo di favorire lo sviluppo della drammatica bandendo pubblici concorsi e onorando anche con compensi i vincitori i quali, cedendo il manoscritto, conseguivano un qualche guadagno.

Finalmente all’autore, oltre alla focaccia, viene riconosciuto un compenso in denaro, ma siamo ben lontani dal riconoscimento della proprietà intellettuale. I manoscritti furono conservati nel pubblico archivio per sottrarli alla totale distruzione. Nel rappresentarli fu vietato di introdurvi qualsiasi modifica. Nessuna censura, salvo il divieto di nominare in teatro chicchessia per ingiuriarlo o schernirlo. Si evito' anche il plagio che a quei tempi era purtroppo assai comune. Ho citato, non a caso, Pericle cui va il merito di tanta saggezza e lungimiranza. Si e' sempre creduto che fosse la forza fisica a soggiogare l'uomo e la forza delle armi a sottomettere i popoli. “Grecia capta ferum victorem coepit” - cosi' inizia un famoso verso indimenticabile. Quando le legioni romane invasero la Grecia (II secolo prima dell'avvento cristiano) imponendo le proprie ferree leggi, inquadrando tutto sotto il simbolo della “pax romana” non immaginavano certo che i “creativi” greci avrebbero soggiogato Roma con la forza dell’ingegno, con quel talento che in ogni campo dell'arte si era dimostrato ineguagliabile.

Il “miles romanus” tornando a casa dalla guerra, fece impazzire la propria moglie con i monili, le collane, gli orecchini, le vesti, i profumi che si era portato dalla Grecia; il centurione di una certa cultura si trovo' ad assistere ad opere teatrali greche che in Roma mai aveva visto e Archimede sbalordì con la faccenda degli specchi coi quali, usando il sole, tento' di bruciare le navi nemiche nel porto di Siracusa. La civiltà di Roma si fondava sulla forza delle armi, sul desiderio di conquista, sulla DURA LEX sed LEX e sulla capacita' di coltivare la terra. Basta osservare le tavole esposte sulla via dei Trionfi in Roma, a pochi passi dal Colosseo, per constatare come Roma soggiogò mezzo mondo civilizzando sì popoli e terre ancora primitivi illuminandoli con la forza del “Diritto” che imponeva inesorabile ma trascurando le “Arti”, la filosofia, la scultura, la poesia o, comunque non privilegiandole come la Grecia aveva fatto. I Romani erano gente dura e pratica. L'episodio del ratto delle Sabine ci e' stato presentato, anche nei libri scolastici, come un fatto sportivo o comunque necessario ed utile. In realtà fu un atto di barbarie, violento e privo assolutamente di una qualche giustificazione morale.

E che dire allora di Socrate che si dà la morte bevendo la cicuta per non disobbedire alle leggi dello Stato ? La plebe romana non poteva avere il gusto degli spettatori greci ed il teatro di Roma, nei primi tempi, si compiaceva di sentimenti molto bassi. Il teatro greco era una nobile istituzione destinata a celebrare i fasti della Patria; il teatro romano un luogo di corruzione. In Grecia gli attori erano onorati e potevano aspirare anche alle maggiori cariche pubbliche; in Roma erano “notati d'infamia” diminuiti molto nella privata e pubblica considerazione. Questo stato di cose spiega sufficientemente perché nemmeno gli autori drammatici godettero in Roma dei favori che ebbero gli autori greci. Di solito le azioni drammatiche che si rappresentavano in Roma erano solo tracciate nello svolgimento costringendo gli attori a improvvisare quasi completamente la loro parte. Quando le opere greche invasero Roma, si comincio' a tradurle e ad imitarle e subito gli Edili le comprarono con grande senso commerciale per farle rappresentare. Gli "Edili" erano magistrati che avevano cura degli edifici, delle strade, della polizia urbana ed anche degli spettacoli. L'autore in tal modo trasferiva tutti i diritti che gli spettavano con la conseguenza che la questione della proprietà intellettuale non si poté porre e nessun giureconsulto fu chiamato ad occuparsene.

Con l'avvento del cristianesimo l'ortodossia morale dei padri della chiesa non poteva rimanere indifferente di fronte a spettacoli lascivi ed immorali, a rappresentazioni pubbliche organizzate al solo scopo di accaparrarsi quella parte di popolo che preferiva i teatri a luci rosse. Furono proibite le rappresentazioni oscene e fu istituito il “Tribunus voluptatum”. Furono premiati gli attori che si rifiutavano di rappresentare quel genere di spettacolo, con notevole miglioramento della loro condizione giuridica e sociale (Giustiniano). Il Diritto romano, cosi' preciso e ricco, simbolo della potenza e della civiltà di Roma, presente in ogni atto della vita sociale, commerciale e militare, che dice della proprietà intellettuale ? Assolutamente niente. Lascia gli autori in balia di avidi utilizzatori - meglio sfruttatori - che, una volta acquistata la loro opera, la utilizzano in modo indiscriminato. I primi barbari scesi in Italia non avversarono il teatro, anzi a loro spese venivano allestiti magnifici spettacoli. Ma l'influenza della Chiesa tolse la libertà d'inventiva riconducendo tutto a una tematica sacra. Per tale ragione la quasi totalità delle opere teatrali, se si può cosi' chiamarle, era concepita e scritta da ecclesiastici alieni da ogni profitto materiale, tanto e' vero che le opere suddette ci sono pervenute quasi tutte anonime: in queste condizioni che senso poteva avere il porre la questione della proprietà individuale ? Con i Trovadori il teatro comincio' a laicizzarsi. Peregrinavano di castello in castello fino a quando trovavano un Principe o un ricco commerciante che li prendesse al proprio servizio. Si accontentavano del vitto e dell'alloggio ne' altro potevano pretendere anche se possedevano il talento per aspirare ad un più dignitoso compenso.

Dopo il mille il teatro religioso andò sparendo, attori laici si organizzarono in associazioni e si allearono ai Comici (oggi capo comici) gente abile con fiuto per gli affari. L'alleanza degli attori con i Comici fu fatta a danno degli autori, emarginati dagli stessi attori che si auto scrivevano le opere da rappresentare. Molti secoli dopo i moderni cantautori emarginarono allo stesso modo quegli autori che non cantavano le proprie canzoni. Siamo cosi' giunti al periodo storico contrassegnato dalle corti principesche, dai vari mecenati sotto la cui protezione gli autori ritraevano un qualche compenso proporzionato non alla qualità delle opere ma alla munificenza del protettore. Si formarono compagnie teatrali con suonatori che si trasferivano da una corte all'altra con spettacoli anche in piazza. La cosa che può stupire e' che, intorno al 1400, si fece obbligo alle compagnie ed ai suonatori di versare una parte del loro introito a opere di beneficenza e nel 1700 (come passa in fretta il tempo !) Luigi XV determino' addirittura il modo di percezione della tassa che arrivo' fino a un sesto degli introiti teatrali a favore anche di ospedali. Questo fu un fatto importante perché apri' uno spiraglio alle istanze dei creativi circa il riconoscimento della proprietà individuale ed il diritto ad un compenso equo. Cominciarono a sorgere le prime accademie di musica e di danza e si volle mettere ordine nel dilettantismo creativo.

Dobbiamo dar merito alla Francia di aver creato organismi quale l’OPERA e la COMEDIE FRANCAISE ( 1862 ), la prima per le opere in musica, la seconda per quelle in prosa, vere palestre per i creativi con talento. Molti di questi guardarono con grande speranza a Moliére che godeva della protezione del Re Sole, per ottenere quei riconoscimenti cui aspiravano giustamente. Ma Moliére, oltre a dimostrare grande talento per il teatro, si dimostrò anche abile nel diventare impresario di se stesso, disinteressandosi delle istanze dei suoi colleghi. Fu proprio “avaro” di aiuti !Questo stato di cose rafforzò il potere dei Comici che, anziché far ridere come ci si aspetterebbe dal nome secondo l'interpretazione moderna, sfruttarono ignobilmente gli autori imponendo condizioni capestro pagando loro una somma una tantum (spesso irrisoria) oppure stipulando un accordo riguardante una percentuale sugli introiti calcolati al netto di ogni spesa e limitato ad un determinato numero di rappresentazioni. Oltre tale numero, l'opera si intendeva ceduta per sempre e all'autore non rimanevano che gli occhi per piangere.

La mancanza di controlli, l'impossibilità da parte degli autori di seguire le compagnie e di verificare gli incassi, favorirono i Comici disonesti che presentavano sempre una contabilità addomesticata e sempre sfavorevole agli autori. NIHIL NOVI SUB DIVO - Niente di nuovo sotto il sole Goldoni muore povero il 6 febbraio 1783 malgrado il successo delle sue commedie godendo solo di una pensione miserevole concessagli dal Re. Gli autori che vollero denunciare la disonestà dei Comici al Consiglio Privato del Re, si trovarono davanti a giudici non imparziali addirittura alleati dei Capo comici. Bustarella ante litteram ? Tale drammatica situazione convinse Monsieur Agostino Caron de Beaumarchais ( 1732-1799 ) a prendere posizione gettando le basi della SOCIETA' DEGLI AUTORI. Sorretto dalla fiducia e dagli incitamenti di quasi tutti gli autori, ingaggio' una lotta violenta contro i direttori di spettacolo, lotta che ebbe alterne vicende di trionfi e di disinganni. Ma qualche risultato si ottenne.

Gli autori trovarono - finalmente - una intesa superando invidie e protagonismi e resistendo alle lusinghe dei Capocomici. Una specie di sciopero rosa. Fu fatto obbligo ai Capocomici di fornire una contabilità meno iniqua ma essi trovarono il modo di dividere il campo degli autori (c’è da meravigliarsi ?) ottenendo l'autorizzazione a rappresentare solo quelle opere che fossero di loro gradimento e prodotte da autori ammorbiditi dalla necessita' di dover vivere ogni giorno. Gli autori esclusi o si assoggettavano alle loro condizioni, o dovevano cambiare mestiere. In tale modo da sfruttatori delle loro opere, i Comici divennero i naturali nemici degli autori. Quanto ai compositori di musica, un editto del settembre 1786 prescrisse che gli editori che volevano pubblicare un’opera musicale dovevano dimostrare di avere ottenuto il consenso del compositore stesso. Inoltre i regolamenti dell’Accademia Nazionale di musica determinarono l'ammontare dei diritti spettanti agli autori di opere e balli relativamente alle rappresentazioni pubbliche di tali opere. Negli anni che precedettero la Rivoluzione Francese si fece un gran passo verso il riconoscimento degli autori drammatici e dei compositori di musica. Era ora!

E in Italia ? Fino alla Rivoluzione Francese non vi fu che una legislazione di Polizia. Il riconoscimento del diritto degli autori era generalmente trascurato. I creativi si accontentavano di qualunque emolumento avessero potuto strappare ai Comici, quando addirittura non erano costretti a regalare le loro opere pur di vederle rappresentate. Goldoni ebbe in principio vitto e alloggio dal suo impresario. Oltre a questa umiliazione, dovette constatare il plagio delle proprie opere al punto da costringere la Serenissima ad intervenire istituendo la censura teatrale. Fra i grandi meriti che ebbe la Rivoluzione Francese, dobbiamo riconoscerle d'aver preso in seria considerazione il diritto per secoli reclamato dagli autori ad una protezione del proprio lavoro. L'aver sancito il diritto alla proprietà individuale fu un atto di giustizia e di civiltà. Furono stigmatizzate le angherie dei Capocomici e fu presentato un programma di rivendicazioni. Rileggendo questi frettolosi appunti mi sono accorto di aver sempre citato gli autori drammatici. Nei libri che necessariamente ho consultato l'elemento trainante e determinante per ottenere il riconoscimento della proprietà individuale non e' stato il compositore di musica ma l'autore di teatro.

Questa forma di espressione certamente nasce e si consolida prima, pero', tenendo anche conto di tale fatto, ho dovuto purtroppo constatare la scarsa partecipazione dei musicisti alle lotte tendenti alla difesa dei propri diritti. La partecipazione dei musicisti alla stessa fondazione della Società Italiana Autori e' scarsissima anche se di tutto rilievo, come vedremo in seguito.

Fin dai primi giorni la Rivoluzione Francese ebbe il merito, per i creativi, di porre chiaramente il diritto degli autori a percepire un compenso con l'obbligo, per i teatri, a rappresentare solo le opere delle quali avessero ottenuto regolare autorizzazione dagli autori PENA LA CONFISCA DELL'INTERO INCASSO A FAVORE DEGLI STESSI AUTORI. Mi verrebbe di cantare la marsigliese. Ma fece ben di più: pose anche il problema del diritto degli eredi a percepire il diritto d'autore. In un primo tempo tale diritto venne limitato a cinque anni dopo la morte dell'autore, poi a 10 anni (Mirabeau e Robespierre) quindi a 20 anni (decreto imperiale del 5 febbraio 1810) dalla morte della vedova.

Solo nel 1854 fu fissato a 30 anni a partire sia dal decesso dell'autore compositore o artista sia dall'estinzione dei diritti spettanti alla vedova. La legislazione francese previde pure a estendere i benefici a favore degli autori anche delle opere pubblicate all'estero (1852). Ma un'altra grana si profila all'orizzonte. La riproduzione delle composizioni musicali per mezzo di strumenti meccanici quali i cilindri delle scatole musicali e' soggetta al pagamento del diritto d'autore, e' permessa o e' una contraffazione? La Corte di Cassazione francese in un primo tempo dichiara di trattarsi di contraffazione e quindi illegale se non regolata da norme da emanare. In un secondo tempo la legge 16 maggio 1866, in aperta violazione dei diritti degli autori, sancisce che la fabbricazione e la vendita degli strumenti meccanici inclusa l'utilizzazione delle opere non costituisce contraffazione con la conseguenza che chiunque può riprodurre e fabbricare senza pagare nulla. Pirati ante litteram?

Ma torniamo in Italia. Nel susseguirsi delle stagioni certamente la primavera e' forse la più attesa specie a Milano perché segna la fine dell'inverno e della nebbia. Ed e' proprio in aprile che, a Brera, viene notato un insolito andirivieni di signori con baffi, altri con barba, tutti con cappelli a larga falda, qualcuno con tabarro e fiocco al posto della cravatta. Le carrozze giungono in Via Brera una dopo l'altra precedute dal classico rumore degli zoccoli sul acciottolato. Qualche curioso si ferma, riconosce Sabatino Lopez con a fianco Renato Simoni che discute con Gerolamo Rovetta. Arrivano alla spicciolata ex presidenti del Consiglio dei Ministri,ex Ministri della pubblica istruzione, giornalisti e storici di fama. Arriva anche Roberto Ardigo', un sacerdote che abbandonerà l'abito talare, filosofo (si suiciderà a 92 anni) e lo si vede discutere animatamente con Felice Cavallotti rimproverandogli l'abitudine di sfidare tutti a duello. Cavallotti morirà durante un mal riuscito assalto del suo 33mo duello. Ma l’applauso viene riservato a Giuseppe Verdi quando con la sua sciarpetta scende dalla carrozza. Ha quasi settant'anni e li porta bene. Non sapremo mai se abbia messo al corrente il suo editore e amico, Giulio Ricordi, della decisione di partecipare alla costituzione di un sodalizio in difesa degli autori. E' l'unico musicista presente alla riunione. La sorpresa pero' sta nell'ultima carrozza : scende un signore austero, dal viso severo e dal portamento fiero. Chi lo riconosce dice : ma che ci fa con tutti questi scrittori e artisti il più famoso criminologo del momento, l'autore della teoria della degenerazione morale del delinquente come effetto di anomalie fisiche?

Nessuna domanda può essere fatta a Cesare Lombroso mentre frettolosamente entra al N. 19. La primavere del 1882 porta con se un aprile straordinario per i creativi italiani: la fondazione della S.I.A. - Società degli Autori, un sodalizio privato, una specie di Rotary destinato a diventare un punto di riferimento per tutti gli autori del mondo. Il calendario segnava il 23 aprile 1882.

Pubblicato da Carlo Alberto Rossi